
REFERENDUM POPOLARE COSTITUZIONALE A SUFFRAGIO UNIVERSALE
Elezione del Consiglio delle Riforme
Visto l’art. 1, comma 2, della Costituzione che attribuisce la sovranità al Popolo Italiano;
Visto l’art. 138, comma 2, della Costituzione, che prevede che le leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare entro tre mesi dalla loro pubblicazione, quando ne facciano domanda 500.000 elettori;
Visto che per i referendum costituzionali non è previsto un quorum di validità, come è successo il 7 ottobre 2001, quando il referendum fu ammesso nonostante l’affluenza fosse solo del 34,05%;
Visto l’art. 139 della Costituzione che impone che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Per cui, non si può trasformare lo Stato italiano da Repubblica in monarchia o in dittatura;
Visto l’art. 1 della Costituzione che recita testualmente: “L’Italia è una Repubblica democratica”, principio che non è mai stato attuato, in quanto:
– nel 1948 la Carta Costituzionale non è stata ratificata dal Popolo sovrano;
– l’art. 75 della Costituzione, voluto dai Padri Costituenti, ha violato la sovranità internazionale del Popolo Italiano, impedendogli di svolgere referendum sui trattati internazionali;
– nella Carta Costituzionale non sono contenute norme per disciplinare l’attività politica dei partiti e quella economica della Banca d’Italia;
– ancora risultano vigenti il codice penale Rocco e il Testo Unico delle Leggi di Pubblica sicurezza, approvati in epoca fascista;
– si è instaurato in Italia una dittatura strisciante che da una parte ha eliminato i partiti che hanno attuato i principi fondamentali della Carta Costituzionale, socialisti, socialdemocratici, liberali e repubblicani, dall’altra ha portato al governo della Repubblica dapprima gli ex comunisti, adesso gli ex fascisti, tutti obbedienti al Nuovo Ordine Mondiale;
– tale regime dittatoriale non consente il ricambio della classe dirigente politica e l’alternanza democratica, imponendo leggi elettorali vistosamente anticostituzionali e discriminazioni intollerabili in un sistema democratico come la raccolta delle firme solo alle neo formazioni politiche;
– il Movimento politico Liberazione Italia, prima, e il Movimento Gilet Arancioni, dopo, hanno denunciato nel 2016 alla Procura della Repubblica di Roma che Sergio Mattarella è stato eletto il 31 gennaio 2015 da parlamentari che si sono convalidati ben 5 mesi dopo, il 1° luglio 2015, così violandosi l’art. 66 della Costituzione;
– la Procura della Repubblica di Roma non si è mossa, nemmeno quando una delegazione del Movimento si è recata il 21 dicembre 2017 al Palazzo del Quirinale per dichiarare in arresto Sergio Mattarella per usurpazione di potere politico (verbale consegnato alla Stazione Carabinieri di Roma Quirinale);
– il Movimento, peraltro, ha presentato ricorso al TAR Lazio in ben due circostanze per far annullare le elezioni politiche ed europee perché indette da Sergio Mattarella, che non era e non è il Capo dello Stato;
– in tutte e due le circostanze il TAR Lazio si è dichiarato incompetente dichiarando che gli atti contestati erano politici, ignorando volutamente che nella elezione del Capo dello Stato sono stati commessi diversi reati, che la Procura della Repubblica di Roma non ha inteso rilevare calpestando ogni norma di legge;
– la riconferma di Sergio Mattarella si è avuta a seguito della nuova legge elettorale “Rosatellum”, da lui medesimo promulgata e quindi nulla, per difetto di legittimazione attiva di Mattarella;
– le elezioni, indette da un soggetto che non è il Capo dello Stato, non sono valide e tale circostanza pone in pericolo, in modo diretto, il diritto dei cittadini di determinare la politica nazionale che, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, si deve formare per i più alti compiti istituzionali: la corretta e legittima formazione delle massime Istituzioni della Repubblica;
– nella seduta della Giunta per le elezioni del 25 giugno 2015, la deputata Fabiana DADONE del M5S, a nome del suo Gruppo parlamentare, ha riferito e rilevato quanto segue:
• la Giunta per le elezioni si è avvalsa dell’apporto di diversi esperti in materia costituzionale per questioni connesse in particolare alla “ambigua e per certi versi sibillina sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale”;
• “la maggioranza degli esperti auditi (cinque contro due) ha osservato che la Giunta per le elezioni non poteva procedere ad applicare le norme dichiarate incostituzionali dalla Consulta”. Ciò in quanto “…la Giunta non può applicare in alcun caso norme che sono state dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale”;
• “se la Giunta convalidasse l’elezione, violerebbe la sentenza della Corte Costituzionale, così contribuendo in maniera decisiva a far saltare l’intero assetto di garanzia costituzionale dell’ordinamento”;
– l’Assemblea della Camera in data 1° luglio 2015 ha convalidato, commettendo un abuso, le elezioni sulla base di una legge, la cosiddetta “Porcellum”, che non esisteva più, per cui la convalida è nulla e i parlamentari non risultano essere stati convalidati;
– il giorno dell’elezione del Presidente della Repubblica, 31 gennaio 2015, tutti i parlamentari non erano convalidati;
– in tale contesto, non si può ritenere valida l’elezione del Capo dello Stato da parte di parlamentari, che non si erano “messi essi stessi in regola”, dato che ogni mancanza o carenza nel settore è attribuibile solo a loro medesimi;
– il 23 luglio 2018 il Tribunale civile dell’Aquila, ricevuto un ricorso d’urgenza del Movimento 5 Stelle, sulla circostanza che il Presidente della Regione Abruzzo, Luciano d’Alfonso, eletto senatore, non si era ancora dimesso dalla sua carica amministrativa di Presidente perché non era stato ancora convalidato, sulla base dell’art. 66 della Costituzione, ha respinto tale ricorso, mantenendolo nella carica di Presidente sino alla convalida del Senato;
– l’elezione del Capo dello Stato da parte di un Parlamento, non ancora convalidatosi, ha prodotto atti normativi e amministrativi che non possono essere considerati validi, come la legge elettorale n. 165 del 3 novembre 2017, nota come “Rosatellum” dal suo relatore Ettore Rosato del PD, con sistema proporzionale misto e liste bloccate. Essa è stata promulgata da un Presidente della Repubblica, privo di poteri a motivo della nullità della sua elezione a Presidente;
– il Presidente della Repubblica, il Capo del Governo, i Ministri e i parlamentari stanno commettendo un gravissimo delitto contro la personalità dello Stato, consistente nell’“usurpazione di potere politico”, fattispecie che prevede la pena della reclusione da 6 a 15 anni;
– la situazione di illegalità non può essere ulteriormente protratta;
– il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha detto testualmente il 25 gennaio 2018 in un video diffuso in tutta Italia: “““La situazione è veramente drammatica. Bisogna prendere posizione. Uscite dal guscio delle vostre case. Impegnatevi nel sociale. Occupate le strade e le piazze. Fate qualcosa. Ribellatevi a questo andazzo”.
Premesso quanto sopra è stato costituito il Comitato Referendum Nazionale per la elezione del Consiglio delle Riforme, che ha deliberato di sottoporre al Popolo Sovrano un referendum costituzionale con le seguenti modalità:
– elezione da parte di tutto il Popolo sovrano di Trenta Saggi, di età superiore ai 25 anni, cittadini italiani, che godano dei diritti civili e politici, incensurati, senza alcuna condanna penale, tranne i reati di opinione, e di irreprensibile condotta morale, con il compito di realizzare le riforme necessarie per il ritorno nel Paese della Democrazia, della Libertà e della Legalità;
– durata del mandato 2 anni, senza possibilità di essere rieletti al termine del mandato, per realizzare tutte quelle riforme che da oltre 50 anni tutti chiedono ed in particolare l’elezione del Presidente della Repubblica e del Capo del Governo, direttamente dal Popolo, la modifica di alcune norme della Carta Costituzionale per rafforzare i suoi 12 principi fondamentali, per la difesa della Libertà e la Dignità dei cittadini, la formulazione della nuova legge elettorale, onde garantire l’alternanza democratica;
– al termine del mandato, seguirà: 1) l’indizione delle elezioni di un nuovo Parlamento, con una legge elettorale in linea con i principi costituzionali; 2) il ritiro definitivo dalla vita politica dei Trenta Saggi.
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